“In parole povere significa, parlare per se stessi, comunicare in modi diversi, ma è una definizione personale. Per me significa che posso parlare per me stessa. Significa che ho una voce e anche senza voce posso comunicare in altri modi. Significa sì o no, soprattutto "no": No, Non voglio del tè, vorrei del caffè, non voglio zucchero": questa è, secondo Jackie Downer, autorappresentante del Regno Unito, l'Autorappresentanza, strumento fondamentale per le persone con disabilità intellettive.

È attraverso l'autorappresentanza, infatti, che le persone con disabilità intellettive possono prendere piena coscienza dei propri diritti ed esigere che vengano rispettati, oltre che divenire parte attiva nella società. Grande in tal senso il lavoro che sta portando avanti Anffas, ad esempio con il progetto "Io, Cittadino!", di cui è possibile leggere cliccando qui, iniziativa da cui è nata “Io cittadino! Piattaforma Italiana Autorappresentanti In Movimento”, primo movimento degli autorappresentanti italiani.

Di seguito è possibile leggere le dichiarazioni di Jackie Downer tradotte in italiano da Francesca Parlati e Umberto Bortolin, un educatore della Comunità Cava di Reggio Emilia.

Self Advocacy - Autorappresentanza

Perchè è importante per persone con disabilità intellettive avere una propria voce

11 Febbraio 2016

Katherine Owen e Jackie Downer del Regno Unito

L’autorappresentanza è uno dei modi fondamentali per dare voce a persone con disabilità intellettive. Le parole di Jackie Downer, un’autorappresentante, sintetizzano tutto ciò che l’autorappresentanza può significare: dire la propria è un fatto personale, e a maggior ragione importante a seconda delle persone per i più disparati motivi. Attraverso le sue parole viene enfatizzata l’importanza per persone con disabilità intellettive di avere una propria voce. Nello spiegare l’autorappresentanza, Jackie ci racconta, “in parole povere significa, parlare per se stessi, comunicare in modi diversi, ma è una definizione personale. Per me significa che posso parlare per me stessa. Significa che ho una voce e anche senza voce posso comunicare in altri modi. Significa sì o no, soprattutto "no": “No, Non voglio del tè, vorrei del caffè, non voglio zucchero", tutte cose che diamo per scontate.

Significa che le persone mi devono ascoltare, che ho il permesso di correre un rischio, che posso avere un rapporto che può essere difficile.

Posso pensare da sola, andare in un negozio con l’aiuto di un accompagnatore e se necessito di aiuto le persone possono aiutarmi...” (Jackie Downer a Goodner 2000:81).

“Parlare per se stessi”

L'autorappresentanza, l'avere una propria voce, è fondamentale sia per affermare che conoscere se stessi, ed è perciò un collegamento diretto nell'incremento della fiducia in se stessi e dell'autostima. Avere la possibilità di parlare della propria vita e delle proprie esperienze è essenziale per poter essere identificato dagli altri: avere una propria voce si è in grado di costruire la propria identità.

“Ho una voce e anche senza voce posso comunicare in altri modi”

È importante sottolineare che avere una propria voce non significa averne in senso stretto. Le persone affette da mutismo comunicano direttamente i loro gusti, i loro bisogni, senza l’uso delle parole, ad esempio prendendo una persona per mano per far vedere dove vogliano andare, indicando dei disegni, simboli o fotografie. Vale la pena di soffermasi su questo perché a volte si sostiene che l’autorappresentanza sia adatta solo ai casi di persone con disabilità intellettive moderate, mentre bisogna riconoscere che tutte le persone, anche quelle con disabilità intellettive gravi, possono comunicare ed esprimersi.

“Significa sì o no”

Poter dire la propria serve a comunicare agli altri chi sei, cosa ti piace, cosa non ti piace ecc; si possono così prendere decisioni che riguardano la propria vita e su ciò che è importante per se stessi. Come ci dimostrano le parole di Jackie, possono sembrare apparentemente piccole cose, come il voler zucchero nel tè, oppure cose più grandi come la scelta della propria residenza. Se si ha voce in capitolo, gli altri hanno meno da supporre sulla propria vita. Questi concetti sono pregnanti per le persone con disabilità intellettuali, dal momento che sono sempre state considerate incapaci di avere proprie opinioni, desideri e volontà, essendo dipendenti da coloro che gli danno assistenza. Avere voce quindi dà potere.

“Le persone mi devono ascoltare”

L’autorappresentanza è importante perché le persone possono parlare in pubblico. Se le persone hanno una loro voce possono dire la loro sui servizi che ricevono, possono esprimere come vogliano essere riconosciuti (come persone con disabilità intellettive anziché “handicappati”), possono lottare per questioni che ritengono importanti, ad esempio la chiusura degli istituti oppure come i soldi sono spesi nei servizi diurni, possono dare consigli sulla creazione di nuovi statuti e servizi, ecc.

“Ho il permesso di correre un rischio, posso avere un rapporto”

L’autorappresentanza è in parte anche conoscere i propri diritti come essere umano, cosa non scontata in una società che discrimina ancora chi è etichettato come disabile intellettivo, e che ciononostante potrebbe anche essere proprietaro della propria casa, innamorarsi, sposarsi, avere figli e lavorare in luoghi normali. Quando si ha una voce propria, si può anche far valere il diritto di correre un rischio, di poter rifare una scelta e imparare dai propri errori.

“Posso pensare da sola”

Uno degli effetti più importanti nell'avere una propria voce è quello di poter mettere in discussione come le persone con disabilità intellettive sono percepite dalla società, che tradizionalmente li ha sempre considerati come un gruppo incapace di ragionare, di agire e di vivere la vita come fanno tutti. Questa mentalità ha incoraggiato la loro discriminazione, segregazione e isolamento. Se questa percezione viene messa in discussione, le persone con disabilità intellettive saranno più vicine all’inclusione e ad essere trattate alla pari nella nostra società.

“Posso andare al negozio con l’aiuto di un accompagnatore e se necessito di aiuto le persone possono aiutarmi.”

Per concludere, avere una propria voce è importante perché le persone con disabilità intellettive sono state per molto tempo dipendenti da accompagnatori, professionisti e genitori per decidere ciò che è meglio per loro. Quando le persone hanno una loro voce il rapporto di forza cambia significativamente. Non si nega che queste persone abbiano bisogno di aiuto e sostegno, possono tuttavia indicare il tipo di aiuto di cui hanno bisogno, quando gli serve e per quanto tempo ne hanno bisogno. È risaputo che tutte le persone hanno punti di forza e debolezze e che nessun individuo è completamente “capace” o “incapace”.

Attraverso le parole di Jackie è possibile capire perché è importante per le persone con disabilità intellettive avere una propria voce. Avere voce in capitolo è importante per tutti, ma in particolar modo per coloro che hanno difficoltà di apprendimento per poter uscire dall'isolamento e la discriminazione in cui la società li ha segregati.

BIBLIOGRAFIA Goodley, D. (2000) Self-Advocacy in the Lives of People with Learning Difficulties, Buckingham: Open University Press.

Questo articolo è stato scritto nel 2002. http://www.intellectualdisability.info/changing-values/articles/self-advocacy Home > Changing values > Articles > Self Advocacy

 

 3 ottobre 2017