Fonte www.ilfattoquotidiano.it - Il governo ha dato il via libera, spetta alle Regioni scrivere le norme. Sono circa un milione gli utenti in Italia: "Le famiglie aspettano con ansia che si sblocchi la situazione". Restano le preoccupazioni sui rischi. Giampiero Griffo, membro della task force per la fase 2, elenca le criticità da risolvere: dalla sanificazione delle strutture ai trasporti fino alle spese per le protezioni.

La fase 2 dell’emergenza coronavirus ha decretato anche la possibile riapertura dei Centri diurni per disabili (Cdd). Un intervento atteso da tantissime famiglie, in difficoltà nel gestire figli e parenti durante il lockdown, ma che presenta numerose incognite. Intanto, a quasi una settimana dal via libera, mancano i Piani territoriali regionali (Ptr), ovvero gli strumenti amministrativi o protocolli che permettono alle Regioni di applicare le disposizioni arrivate da Roma e permettere l’effettiva riapertura. Come rilevato da un rapporta Anffas, gli iscritti ai centri diurni per persone con disabilità sono almeno un milione in tutta Italia: circa il 10% hanno delle disabilità sensoriali, il 15% disabilità motorie e oltre il 70% disabilità intellettive e disturbi del neuro sviluppo.

I centri erano stati chiusi il 17 marzo con il decreto Cura Italia e ora, come previsto dal Dpcm del 26 aprile, “le attività sociali e socio-sanitarie” possono essere riattivate nel rispetto dei protocolli normativi per la sicurezza e il distanziamento. Il problema grave, però, riscontrato dalle famiglie e dalle associazioni è che al momento non sono stati scritti dei protocolli specifici. Finora nessuna Regione si è mossa, a parte la Campania che il 9 aprile ha approvato il Decreto dirigenziale n.83 per la riapertura dei centri. “Ma con modalità di esecuzione ancora non del tutto chiare e in assoluta carenza di mascherine sia per gli utenti con disabilità sia per i lavoratori delle strutture”, ha denunciato a Ilfattoquotidiano.it il presidente della Fish Campania Daniele Romano. “Riceviamo diverse segnalazioni dagli operatori che ci dicono che mancano le mascherine e non hanno indicazioni precise su come accogliere gli ospiti al loro rientro”.

“Bene la riapertura dei centri ma chiediamo che vengano fatti i tamponi a tutti” – Le organizzazioni chiedono che venga “fatta subito assoluta chiarezza sui protocolli da seguire” e di non vedere “i soliti tristi scaricabarile tra le istituzioni”. “Abbiamo dei dubbi sulle modalità delle riaperture, perciò chiediamo alle Regioni di essere coinvolti per predisporre insieme dei piani operativi efficaci. Siamo preoccupati della reale messa in sicurezza delle strutture”. A dirlo è la presidente dell’Associazione nazionale genitori soggetti autistici (Angsa) Benedetta Demartis. Dello stesso avviso anche il presidente dell’Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (Anffas) Roberto Speziale. Per Speziale “il giudizio sulla possibilità di riaprire è positivo. Ma permangono alcune forti perplessità: le Regioni saranno in grado di predisporre subito e compiutamente i protocolli? Quando sarà possibile ripristinare anche quelle attività e servizi rispetto ai quali il decreto non autorizza la riattivazione?”, domanda il numero uno di Anffas.


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