Durante l'emergenza Covid-19 molti dei servizi a supporto delle persone con maggiori fragilità (persone con disabilità, anziani, minori, persone con dipendenze) sono stati sospesi, in quanto attività di gruppo, e solo alcuni di essi sono state riconvertiti in altre prestazioni. Purtroppo, vi sono state grosse criticità con gli Enti Pubblici onde definire bene le prestazioni alternative, ma anche come continuare a sostenere il mantenimento di tali servizi pure per il futuro, evitando che tale stop compromettesse irrimediabilmente la tenuta dei servizi in favore delle persone fragili con il serio rischio che questi non fossero più in grado di ripartire, facendo venire meno i sostegni e supporti necessari alle prime e determinasse anche una forte contrazione dei livelli occupazionali.

È noto come, con gli articoli 47 e 48 del “Cura Italia”, il Governo avesse voluto garantire in un certo qual modo sia le persone destinatarie di tali interventi (anche prevedendo la possibilità delle cc.dd. “prestazioni alternative” durante la Fase 1), sia gli enti gestori dei servizi (con la previsione di remunerazioni e contributi), onde poter garantire poi una ripresa degli stessi, pur nella considerazione che, anche per i successivi mesi, comunque le nuove modalità di erogazione avrebbero comportato delle ulteriori difficoltà. 

In molti casi, si è assistito al ritardo nella co-progettazione delle “prestazioni alternative” da parte degli Enti Pubblici; in altri casi non vi è ancora chiarezza su come saranno remunerate le “prestazioni alternative”; in altri casi ancora queste sono state remunerate, a parere di molti, ben al di sotto di quello che sarebbe servito per garantire qualità e sicurezza negli interventi; in tanti altri casi ancora, ove non è stato possibile riconvertire alcune prestazioni, non vi è stato alcun intervento di supporto serio al mantenimento di tali servizi tale da garantire poi la riapertura degli stessi a beneficio della comunità dopo il lockdown, nonostante il Governo avesse adottato una linea di sostegno alle attività sospese in tutti i settori.

Nel tempo, le due norme sopra citate, soprattutto l’articolo 48, hanno subito modifiche dettate dalle successive azioni governative e parlamentari, giungendo oggi ad avere un’articolazione definita a seguita dell’entrata in vigore della legge n. 77/2020 di conversione del DL “Rilancio”.

ANFFAS, UNEBA, ANTEAS, UILDM e CDO hanno, quindi, ritenuto di fare un’analisi delle vicende giuridiche succedutesi nel tempo, onde verificare quali siano oggi le criticità e le soluzioni interpretative utili a risolvere in maniera omogenea e sistematica le varie casistiche lungo tutto il territorio nazionale, definendo quindi il documento (disponibile qui) che si vuole portare all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Conferenza Unificata, perché ci sia una cabina regia di livello centrale che garantisca in maniera omogenea su tutti i territori quanto nel documento enucleato, presentato e richiesto e che governi tali situazioni attraverso indicazioni, direttrici, linee guida o tutto quanto possa essere istituzionalmente utile (incluse eventuali modifiche normative) per evitare la “torre di babele” oggi verificatasi sul punto ed in cui le ridette organizzazioni, a vario titolo (difesa dei beneficiari ultimi, enti gestori deputati ad erogare sostegni ai primi), si sono ritrovati a vivere, anche con situazioni identiche, ma gestite in maniera assolutamente disomogenea da Regione a Regione, se non da città a città.