La bozza di Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità? "E' uno strumento epocale, ne sono entusiasta".
Roberto Speziale, presidente nazionale dell'Anffas (Associazione Nazionale Famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale), parla con Affari Italiani del nuovo documento elaborato al Palazzo di Vetro definendolo "frutto di un modulo di base cui l'Italia ha partecipato in modo straordinario con i nostri rappresentanti, il presidente Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap, N.d.R.) Giampiero Barbieri e Giampiero Griffo (membro Fish e presidente della Disabled People Organisation in Europe, N.d.R.)".

Con i retroscena: "la convenzione è stata condivisa e partecipata da tutti i paesi. Quindi i suoi contenuti, per quel che ci riguarda, per il momento non hanno neanche una virgola fuori posto. Tutto è perfettibile, ma certo è uno strumento straordinario, epocale". Il testo Onu, che dovrà essere discusso dall'Assemblea, "parte dal presupposto che la disabilità non è una malattia e il mondo intero deve impegnarsi per garantire i diritti fondamentali dell'uomo alle persone con disabilità". Il che significa, suggerisce Speziale, l'abolizione di barriere che alle volte possono impedire anche di prendere un aereo. E l'Italia? Il presidente Anffas ha le idee chiare: "E' un Paese in cui apparentemente l'attenzione per la disabilità sembra adeguata, ma che in realtà ha ancora forti discriminazioni ed emarginazioni per le persone disabili e le loro famiglie". E che deve risolvere pesanti problemi, soprattutto su due drammatici punti: l'abolizione dell'interdizione, "un istituto che affonda le radici nel Medioevo", e "e chiusura di tutte le strutture istituzionalizzanti. A Serra d'Aiello, in Calabria, abbiamo ancora una struttura con 400 disabili che vivono in una condizione assolutamente segregante e istituzionalizzante", denuncia. Con un'ultima nota per la scuola: "La mancanza di una qualificazione e attenzione da parte di insegnanti specializzati non crea le condizioni perché i disabili siano inclusi davvero. Anzi: spesso vengono fatti diventare pesi per la scuola, per la classe, e vengono relegati in corridoio a fare altre cose piuttosto che seguire un percorso scolastico".

Ecco l'intervista:

Presidente Speziale, qual è il nuovo baricentro della definizione di disabile secondo la bozza di Convenzione sui diritti delle persone disabili?
"Parte dal presupposto che la disabilità non è una malattia e il mondo intero deve impegnarsi per garantire i diritti fondamentali dell'uomo alle persone con disabilità. Quindi colloca - perché questa è stata la ratio con cui ha lavorato la commissione ad hoc - di uscire dal contesto dello stigma sociale disabilità per collocare anche i disabili nell'ambito dei diritti umani fondamentali dell'uomo. Non più come condizione di malattia, ma contesto sociale. Questo è il presupposto di base".

Il rapporto tra disabilità e ambiente: può dirci qualcosa di più?
"La nuova definizione data dall'Organizzazione mondiale della sanità, l'OMS, nel mettere a punto l'ICF, che sono gli Indicatori di classificazione delle funzioni, ha dato una definizione di disabilità. La nuova definizione di disabilità della bozza Onu è: una condizione di salute in ambiente sfavorevole".

Quindi siamo tutti potenziali disabili?
"E' esattamente così. Bisogna lavorare sul contesto sociale e ambientale per creare per tutti condizioni di pari opportunità e non discriminazione, e questo va ad incidere direttamente sulle condizioni che comportano disabilità".

Tra la concezione di disabilità dell'ICF nella I edizione del 1980 e la nuova convenzione, quanta strada in avanti è stata fatta?
"Credo che la strada sia parecchia. Sono due cose distinte, a dire la verità: la definizione dell'ICF crea le premesse per un cambio culturale; la Convenzione Onu ha una portata invece inimmaginabile. Riguarda le condizioni di 700 milioni di persone con disabilità nel mondo e introduce una legge di diritto internazionale che colloca le persone con disabilità nell'ambito di diritti di inclusione che sono rispetto della dignità, pari opportunità, non discriminazione. Questi aspetti si incontrano e cambiano radicalmente l'approccio, la cultura sulla disabilità".

Secondo lei, in che misura il nostro Paese è pronto a cambiare il suo approccio nei confronti della disabilità?
"L'Italia sicuramente va collocata fra i paesi più avanzati dal punto di vista della qualità normativa sulle persone con disabilità. Il problema è che di fatto queste normative vengono scarsamente applicate. Quindi è un Paese in cui apparentemente l'attenzione per la disabilità sembra adeguata, ma che in realtà ha ancora forti discriminazioni ed emarginazioni per le persone disabili e le loro famiglie. Per cui l'Italia deve cogliere le indicazioni Onu e rilanciare in positivo una serie di politiche per arrivare a pareggiare questo vulnus che si è determinato specialmente negli ultimi anni".

Ci fa un esempio di come potremmo pareggiare questo vulnus?
"Penso che l'Italia debba rivedere completamente l'impostazione del suo sistema socioeconomico creando situazioni inclusive. Immaginiamo la condizione delle donne con disabilità: sono emarginate due volte, la prima perché donne e la seconda perché non hanno accesso al mondo del lavoro. Oppure quanto accade nel mondo del lavoro delle persone disabili, spesso relegate a trovare un impiego nelle cooperative sociali perché il mondo del lavoro 'ordinario' lo ritiene un peso per la società e non una risorsa. Oppure pensiamo a quanto accade oggi sugli aerei".

Cioè?
"E' l'ambito di massima discriminazione. E' quasi impedito alle persone con disabilità motorie o intellettive la possibilità di prendere un volo: questa è una forte limitazione della libertà. L'ultima condizione, che in realtà è la prima, è che per esempio l'Italia non ha ancora eliminato dall'ordinamento l'istituto dell'interdizione, nonostante dal 2004 esista l'amministratore di sostegno. Questa convenzione definisce l'interdizione come istituto segregante, mentre in Italia manteniamo una figura che affonda le sue radici nel medioevo. E si potrebbe parlare del mondo della scuola...".

Ecco, che cosa accade nel mondo della scuola?
"La mancanza di una qualificazione e attenzione da parte di insegnanti specializzati non crea le condizioni perché i disabili siano inclusi davvero nel mondo della scuola. Anzi: spesso vengono fatti diventare pesi per la scuola, per la classe, e vengono relegati in corridoio a fare altre cose piuttosto che seguire un percorso scolastico. Insomma, sono infiniti gli ambiti di applicazione: ma l'Italia dovrebbe dare due segnali forti".

Quali?
"Sono due i settori importanti: abolizione dell'interdizione e chiusura di tutte le strutture istituzionalizzanti. A Serra d'Aiello, in Calabria, abbiamo ancora una struttura con 400 disabili che vivono in una condizione assolutamente segregante e istituzionalizzante".

Tornando in conclusione alla bozza Onu: va nella direzione giusta o c'è qualche modifica da fare?
"Non me la sento in alcun modo di trovare anche una sola notazione negativa. Perché la commissione ad hoc ha licenziato un testo che certo dovrà essere approvato dall'assemblea, ma è frutto di un modulo di base cui l'Italia ha partecipato in modo straordinario con i nostri rappresentanti, il presidente Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap, N.d.R.) Giampiero Barbieri e Giampiero Griffo (membro Fish e presidente della Disabled People Organisation in Europe, N.d.R.). Che ci hanno raccontato la dinamica alla base della convenzione: è stata condivisa e partecipata da tutti i paesi. Quindi i contenuti della convenzione, per quel che ci riguarda, per il momento non hanno neanche una virgola fuori posto. Tutto è perfettibile, ma certo è uno strumento straordinario, epocale".

Antonino D'Anna

Si ringrazia Affari Italiani ( www.affaritaliani.it ) per la gentile concessione alla pubblicazione di questo articolo.