casella spuntata Vi proponiamo un primo commento alle modifiche previste per la partecipazione al costo delle prestazioni nella proposta di legge appena approvata dalla Giunta Regionale

Il 15 dicembre 2010 la Giunta Regionale della Lombardia ha approvato la proposta di progetto di legge "Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 12 marzo 2008 n.3 (governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario) e 13 febbraio 2001 n.1 (riordino della disciplina delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza operanti n Lombardia)".

Questo primo commento* si limita ad esaminare sommariamente le modifiche e le integrazioni che la R.Lombardia intende apportare per modificare all'art. 8 della Legge regionale 3/2008 ("partecipazione al costo delle prestazioni") .

Ovviamente, occorre conoscere la norma vigente per apprezzare le modifiche che la Regione intende introdurre, e in tal senso si rimanda alla lettura dell'articolo 8 (vigente). Una norma che, al momento della sua entrata in vigore, non ha suscitato particolari commenti da parte delle Associazioni delle persone e delle famiglie con disabilità, nel senso che non appariva nitida l'intenzione della regione di normare la materia; il testo vigente infatti rimandava ad altro provvedimento la definizione delle modalità attraverso le quali il cittadino/utente avrebbe partecipato al costo dei servizi. Una norma un pò deludente, a tratti confusa e poco chiara, che ha quindi consentito ai tanti, tantissimi regolamenti comunali illegittimi della Lombardia di continuare ad operare, e che ha mantenuto intatto l'elevato livello di contenziosi in atto tra famiglie e Comuni (sono ormai decine le sentenze emesse dalle due sedi regionali del TAR della Lombardia – Brescia e Milano – in larghissima parte tutte favorevoli alle famiglie e alle Associazioni).
Occorre infine dire che prima della proposta di legge da poco approvata dalla Giunta Regionale, vi fu un altro tentativo di modifica dell'art. 8 della L.R.3/2008. Un tentativo fortemente contrastato dal Forum del Terzo Settore, dalla LEDHA e da ANFFAS, perché introduceva, a parere delle Associazioni, un forte e pericoloso indebolimento del concetto di presa in carico in capo alla Pubblica Amministrazione.

Superata quella fase (il provvedimento fu ritirato), siamo ora di fronte ad una proposta completamente diversa che ha già iniziato a fare discutere molto non solo le Associazioni delle persone e delle famiglie con disabilità, ma l'intero Terzo Settore, le OO.SS. dei pensionati, gli enti gestori e gli Enti Locali. Un confronto che si svolgerà anche a livello istituzionale, tant'è che la III Commissione Consiliare ha già iniziato a compilare un fitto calendario di audizioni.
Come detto, questo primo commento si limita a mettere in evidenza l'aspetto più rilevante (tra i tanti presenti nella proposta), relativo proprio alle persone con disabilità . E' però opportuno ricostruire, in estrema sintesi, la situazione odierna.
I servizi sociosanitari (centri diurni per persone con disabilità – CDD – comunità alloggio sociosanitarie – CSS – e residenze sanitarie per persone con disabilità – RSD) e i servizi socio-assistenziali (servizi di formazione all'autonomia – SFA – centri socio educativi – CSE – e comunità alloggio – C.All.) costituiscono la rete dei servizi alla persona che, nel settore della disabilità, rappresentano da anni una importante e consolidata risposta ai bisogni delle persone e delle famiglie.
I servizi socio-sanitari qui richiamati, oltretutto, rappresentano per la Regione Lombardia la rete dei servizi rientrante nei Livelli Essenziali di Assistenza , in ottemperanza alla norma statale (D.Lgs 29.11.2001 – all. 1C), che li tratteggia in senso generale. A quelle norme pertanto ci si deve richiamare anche in relazione al finanziamento di tali servizi che, in buona sostanza, prevedono il concorso del fondo sanitario regionale in percentuali che vanno dal 70% al 40% del costo, mentre per la restante parte sono i Comuni che devono farsene carico, eventualmente rivalendosi in tutto o in parte sulle persone che li frequentano. E qui, come noto, iniziano le dolenti, dolentissime note che vedono tuttora impegnate le Associazioni e le famiglie in lunghi e aspri contenziosi con le Amministrazioni Comunali.
In tale situazione, naturale e anzi doveroso che le Associazioni (LEDHA e ANFFAS in particolare modo) da tempo stiano chiedendo alla Regione di porre mano alla materia e definire criteri e modalità che riducano l'enorme eterogeneità dei regolamenti comunali , nel rispetto delle norme statali vigenti, in primo luogo l'art. 3 comma 2 ter del D.Lgs. 109/1998 .
Senza entrare qui nel merito di tale complessa, articolata e controversa materia le richieste/proposte avanzate dalla Ledha e da ANFFAS alla R.Lombardia vertono su tre assi fondamentali:
1. il primo, che potremmo definire di sistema, si basa sulla constatazione che il percorso di vita della persona con disabilità (sia sul piano esistenziale che materiale) è oggettivamente diverso da quello della persona anziana non auto-sufficiente che "diviene" disabile da un certo punto della sua vita in poi. Due condizioni di vita diverse, dove diversi si ritiene debbano essere i livelli di solidarietà inter-generazionale e familiare;
2. il secondo asse di ragionamento porta a dire che l'approccio alla disabilità definito dall'OMS e ripreso dalla Convenzione ONU ci deve portare a rivedere i livelli di gravità così come li abbiamo pensati e definiti sino ad oggi. Se intendiamo far prevalere la relazione tra livelli di funzionamento della persona e contesto, ne consegue che la condizione di disabilità può essere più o meno "grave" non tanto in relazione alla "menomazione", quanto al livello di discriminazione e di esclusione sociale che la persona subisce. Ne consegue che non ha più senso stabilire a priori differenze tra "grave e non grave", soprattutto in relazione ad aspetti della vita che, purtroppo, assimilano la quasi totalità delle persone con disabilità: la carenza di opportunità di accesso al lavoro e quindi al reddito, la condizione di povertà nella quale le persone si trovano – anche in relazione ai bassissimi livelli di assistenza economica erogati dallo Stato –ecc.
3. il terzo asse, discendente dal precedente, è che non pare più convincente stabilire un confine tra il concorso alla spesa – eventuale – di una persona con disabilità che frequenta un servizio socio-sanitario rispetto ad una altra persona che frequenta un servizio socio-assistenziale.

Ebbene, cosa prevede, rispetto a ciò, il progetto di legge regionale? Volendo semplificare ai minimi termini, possiamo dire che la Regione ha accolto il primo e il terzo asse di ragionamento, mentre ci sarà ancora da lavorare sul secondo , come su molti altri aspetti (primo fra tutti, per esempio, i costi cosiddetti "complementari" come il servizio trasporto, che in molti casi rappresenta un onere maggiore della stessa retta di frequenza del servizio, e rappresenta un clamoroso caso di discriminazione a danno delle persone con disabilità).

Tutto bene quindi? In effetti no, perché, in realtà, il progetto di legge parte da alcuni presupposti che sono discutibili nella loro impostazione, primo fra tutti il fatto che, ad avviso della LEDHA e di ANFFAS, la Regione deve ancora compiere lo sforzo di meglio definire i livelli essenziali di assistenza e di prestazioni sociali , come peraltro stabilito dalla stessa L.R.3/2008 (art. 17). A ciò si aggiunga che appaiono discutibili alcuni passaggi della relazione di accompagnamento laddove si afferma che la riforma costituzionale del 2001 ha assegnato potestà legislativa esclusiva alle regioni e quindi l'intera materia è divenuta di loro stretta competenza. Un'affermazione che porta la R. Lombardia a ignorare alcun riferimento alla norma statale vigente in materia (D.Lgs. 109/98) e a introdurre nel proprio ordinamento il Fattore Famigliare Lombardo. Una impostazione controversa, peraltro, come dimostra l'ordinanza del Consiglio di Stato (ordinanza n. 4582/2009 che respinge l'appello proposto dal Comune di Vimercate per la riforma dell'ordinanza n. 581/2009 del TAR Lombardia-Milano) dove si afferma che " i precetti recati nel D.Lgs. 109/98 sono preordinati al mantenimento di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi e per gli effetti dell'art. 117 c. 2 lett. m della Costituzione Italiana".

Tutto ciò, come già detto, è già oggetto di confronto e potrà quindi essere meglio capito e compreso in sede di dibattito dentro e fuori l'istituzione regionale. Un fatto però è certo: con questa proposta la regione Lombardia ha compiuto un concreto passo in avanti per dirimere una materia complessa, articolata, controversa e fonte di molti contenziosi tra famiglie e Comuni, e questo è oggettivamente quanto da tempo chiesto da parte delle Associazioni.

Il resto alle prossime puntate.

15 febbraio 2011

* a cura Anffas Lombardia Onlus (per maggiori informazioni: Marco Faini)

Per maggiori informazioni
Scarica il testo della proposta di progetto di Legge
Scarica il testo della Legge regionale n. 3/2008